Trascrizione Autodenuncia
Qual è il ruolo dell'auto-rivelazione nell'uso delle abilità comunicative? Nei video precedenti abbiamo lavorato sul principio dell'immediatezza da tenere in considerazione nelle conversazioni, nei colloqui formali o informali che obbediscono a un concetto di integrazione verbale-non verbale. In questo momento ci concentreremo sull'aspetto verbale, più legato alle emozioni: è bene esprimere ciò che si prova, indipendentemente dalle circostanze o dal ruolo che si sta ricoprendo in quel momento? Unitevi a noi e insieme potremo soddisfare questa curiosità, capire i benefici e le domande da considerare per iniziare a impegnarsi in questo ambito.
Che cos'è l'autodenuncia?
Cosa ci viene in mente quando sentiamo parlare di "self-disclosure"? No. Non rivelarmi ancora i suoi segreti o Sherlock Holmes ha rivelato chi era l'assassino. Rivelare va oltre il raccontare, sottolinea il fatto di portare alla luce contenuti nascosti, svelare un segreto o elementi che giacciono ignorati nella coscienza e che in situazioni normali non prenderemmo in considerazione di raccontare.
L'autodenuncia è decretata come una tecnica di intervento verbale, nel processo di rivelazione al cliente di un'informazione o di un'esperienza personale con una marcata connotazione affettiva. Di seguito vedremo se questo rafforza o distorce il legame coach-cliente.
Tipi.
I tipi di auto-rivelazione che troviamo dipendono dal fatto che l'informazione rivelata tenga conto o meno del processo di aiuto. Ovvero:
- Se nella relazione che viene fornita, il coach ignora la situazione del cliente, sfogandosi o esprimendo situazioni altrettanto intense vissute in passato, è di tipo personale. In questa situazione il coach rinuncia alla formalità per essere una sorta di compagno. In questo modo restituisce un'immagine di umanità e non di guru, come spesso viene associato al coach.
- Vengono riconosciuti elementi negativi, come la perdita di autorità.
- Quando, al contrario, il coach riflette i propri sentimenti nella situazione legata al processo personale del cliente, tiene conto dell'importanza che il cliente vi attribuisce e tutto ciò che esprimerà sarà finalizzato ad acquisire una prospettiva, non a imporre una convinzione o una regola. Aiutare gli altri, senza stabilire un protagonismo, manterrà la professionalità, ma il coach potrebbe comunque percepirsi come un Dio onnipotente per la persona che ha bisogno di aiuto. È bene analizzare la situazione per capire come, quando e con chi utilizzare questi diversi approcci.
Benefici.
Tra i benefici che possiamo riscontrare attuando questa tecnica, abbiamo:
- Senso di reciprocità: il cliente sentirà di poter contare sul proprio coach, imparando allo stesso tempo a riportare e "rivelare" questioni che considerava "proprietà privata".
- Questo aiuta a creare un legame e a costruire la fiducia prima, durante e dopo il colloquio.
- Comprensione: il cliente si sente compreso.
- Atmosfera confortevole: inconsciamente il cliente apprezzerà l'atmosfera di comfort positivo grazie all'empatia dimostrata.
Auto-rivelazione e fiducia.
Questi benefici contribuiscono a creare fiducia e a rafforzare il legame coach-cliente, sradicando allo stesso tempo alcune convinzioni secondo cui il cliente è l'unico in grado di avere problemi e di sentirsi impotente di fronte alla loro soluzione illogica. Si demistificherebbe l'idea che psicologi, terapeuti o coach siano lì per dirvi cosa fare e criticarvi per le vostre azioni, non per dimostrarvi "amicizia".
È un modo molto umano di condividere con l'altro e di acquisire fiducia, aspirando a traguardi più grandi come l'apertura mentale e la possibilità di fluire con la vita, sapendo di essere proprietari e padroni dei percorsi scelti e soprattutto della costruzione del percorso da scegliere.
Svantaggi.
Ma non tutto è bianco o nero. Un uso eccessivo di questa tecnica o la sua applicazione in circostanze sbagliate può comportare alcuni rischi, quali:
- Perdita di concentrazione nella relazione di coaching.
- Un chiaro disallineamento dei ruoli e dei confini: il coach non sarebbe più colui che ascolta, ma colui che viene "annegato".
- Questo fa sì che il cliente pensi che il suo spazio venga utilizzato per affrontare altre questioni non altrettanto importanti.
- Il coachee potrebbe diventare demotivato e quindi manifestare comportamenti inappropriati, mancanza di rispetto, perdita di autorità e mancanza di fiducia nei confronti del suo "coach".
Quando usare questa tecnica?
Prima di "buttarsi" nell'uso eccessivo di questa tecnica, dobbiamo rispondere con attenzione a queste domande:
- Quali sono la personalità e le caratteristiche essenziali del mio cliente?
- Quali benefici ne deriverebbero se decidessi di condividere la mia storia?
- Condividere la mia storia personale è una necessità per me o per lui?
- Potrebbe alterare i confini o influenzare negativamente la mia relazione con lui, creando conflitti che ostacolano il processo di aiuto?
- È il momento giusto, visto il suo linguaggio?
- Influirebbe sulla percezione di me e quindi sulla mia credibilità professionale?
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