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Fase 2: Violenza manifesta e dominio

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Trascrizione Fase 2: Violenza manifesta e dominio


Il passaggio alla paralisi e alla confusione

Una volta che la vittima è "catturata" emotivamente, la relazione entra nella seconda fase: la violenza manifesta o fase di dominio. L'obiettivo non è più sedurre, ma paralizzare l'altro attraverso la paura e il dubbio.

L'aggressore inizia a ritirare bruscamente il proprio affetto e a manifestare comportamenti ostili, creando uno stato di ansia permanente.

Attraverso una comunicazione distorta, piena di sarcasmo, silenzi e bugie, immerge la vittima in una nebbia di confusione (nebbia psicologica) che le impedisce di reagire o pensare con chiarezza.

La vittima perde progressivamente fiducia nel proprio giudizio e, nei casi più gravi, arriva a sperimentare una dissoluzione della propria identità, diventando l'ombra di ciò che era, totalmente dedita ad appagare il carnefice per evitare il conflitto.

La vittima come nemico e oggetto di odio

Quando la vittima finalmente prende coscienza dell'aggressione o cerca di recuperare un po' della sua autonomia, la dinamica cambia drasticamente.

Per il narcisista perverso, qualsiasi tentativo di indipendenza da parte dell'altro è visto come un tradimento intollerabile.

La vittima smette di essere un oggetto di sottomissione e diventa un rivale da abbattere, scatenando l'odio aperto dell'aggressore.

Se il maltrattatore sente che la sua preda gli sta sfuggendo, va nel panico e la sua violenza si intensifica per ristabilire il controllo.

Si instaura una "fobia reciproca": l'aggressore prova irritazione solo a vedere la vittima, e la presenza di quest'ultima provoca terrore in lei.

A questo punto, gli attacchi diventano più diretti, con colpi bassi e umiliazioni crudeli volte a distruggere la residua autostima.

La provocazione e l'inversione della colpa

Una tattica ricorrente in questa fase è l'incitamento alla reazione.

L'aggressore, nascosto dietro un'armatura di freddezza, provoca deliberatamente la vittima affinché esploda emotivamente. Il suo desiderio è quello di ottenere uno scambio conflittuale in cui mantenere il controllo.

Se riesce a far urlare, piangere o perdere le staffe alla vittima, preferibilmente davanti a terzi, avrà raggiunto il suo obiettivo: etichettarla come la "pazza", l'"isterica" o l'"aggressiva" della relazione.

In questo modo, la vittima rimane intrappolata in un doppio vincolo: se tace, la distruzione continua; se reagisce, viene ritenuta responsabile del conflitto, rafforzando la narrativa dell'aggressore secondo cui lei è quella instabile e lui la povera vittima che deve sopportarla.

Sommario

Una volta catturata la vittima, inizia la fase di dominio per paralizzarla attraverso la paura. L'aggressore ritira bruscamente il suo affetto, instaura confusione mentale e annulla progressivamente la sua identità.

Qualsiasi tentativo di autonomia trasforma la vittima in un rivale da abbattere. L'aggressore intensifica la sua violenza e le umiliazioni crudeli per ristabilire il controllo di fronte al panico di perdere il suo potere.

Il maltrattatore usa la provocazione fredda per far esplodere emotivamente la vittima. In questo modo riesce a incolparla del conflitto, etichettandola come "pazza" o aggressiva, mentre lui si vittimizza per giustificare il suo abuso.


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