Trascrizione Dal risentimento e dalla rassegnazione all'accettazione
Due stati d'animo fondamentali del non perdono
Quando non abbiamo elaborato una ferita o una situazione insoddisfacente attraverso il perdono e l'accettazione, spesso rimaniamo intrappolati in due stati d'animo cronici e debilitanti: il risentimento e la rassegnazione.
Sebbene entrambi siano forme di sofferenza e non accettazione, è fondamentale distinguerli, poiché nascono da percezioni diverse della realtà e, quindi, richiedono percorsi diversi per la loro guarigione.
Il risentimento ci incatena al passato, mentre la rassegnazione ci paralizza nel presente.
Entrambi questi stati ci mantengono in una posizione di impotenza, sia come vittime di ciò che ci è successo, sia come prigionieri di ciò che crediamo di non poter cambiare.
Riconoscere in quale di questi due stati ci troviamo è il primo passo per poter andare verso la liberazione che offre l'accettazione.
Il risentimento: vivere incatenati a un passato immutabile
Il risentimento è lo stato d'animo che nasce dal non accettare un fatto del passato che è immutabile.
Nasce dalla convinzione che ci sia stato fatto un torto, che sia stata commessa un'ingiustizia o che le nostre aspettative siano state deluse, e ci rifiutiamo di accettare che quel fatto è già accaduto e non può essere cambiato.
La domanda che definisce il risentimento è: "Perché proprio a me?".
Questa domanda ci pone in una posizione di vittima, dove la colpa risiede sempre in un agente esterno (un'altra persona, il mondo, il destino).
Il termine "risentimento" è letterale: proviamo di nuovo, ancora e ancora, il dolore della ferita originale.
Questo stato è spesso alimentato da emozioni come il rancore, la rabbia e il desiderio di vendetta, e può essere usato come uno scudo perverso, nella convinzione che mantenere viva la rabbia ci proteggerà da future ferite.
La rassegnazione: essere prigionieri di un'interpretazione limitante
A differenza del risentimento, che si aggrappa a un fatto passato, la rassegnazione si basa sulla nostra interpretazione delle possibilità future.
È lo stato d'animo che nasce dalla convinzione che, qualunque cosa facciamo, nulla cambierà. La domanda che definisce la rassegnazione è: "Perché non posso?".
La persona in stato di rassegnazione ha abbandonato ogni speranza di cambiamento e si è arresa alle circostanze, ma non per pace interiore, bensì per impotenza.
Questo stato è sostenuto da un muro di giustificazioni e scuse che cercano di dimostrare che si ha ragione a credere che il cambiamento sia impossibile.
Sebbene la rassegnazione possa sembrare passiva, spesso nasconde una profonda paura del cambiamento, dell'incertezza o del fallimento.
Mentre il risentito incolpa il passato, il rassegnato si dichiara impotente di fronte al futuro.
L'accettazione come via d'uscita e percorso verso la pace
L'accettazione è la chiave che ci libera sia dalle catene del risentimento che dalla prigione della rassegnazione.
Nel caso del risentimento, l'accettazione implica riconoscere e assumere profondamente due verità: il passato non può essere cambiato e non possiamo cambiare gli altri.
Accettare questo non significa giustificare l'offesa, ma smettere di lottare contro una realtà immutabile. Questa accettazione ci permette di prendere la decisione di lasciar andare il dolore e andare avanti.
Nel caso della rassegnazione, l'accettazione è di
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