Trascrizione Prospettive teoriche sulla depressione
La comprensione della depressione ha attraversato diversi paradigmi teorici nel corso del tempo. Uno dei primi approcci è stato quello psicoanalitico, che concettualizzava la depressione a partire dal conflitto intrapsichico, dalla perdita dell'oggetto amato e dal senso di colpa inconscio. Figure come Freud, Melanie Klein e Karen Horney hanno esplorato come le prime esperienze di perdita o distacco potessero generare una predisposizione alla depressione.
Successivamente è emerso il modello comportamentale, influenzato da ricerche come quelle di Konrad Lorenz, che ha osservato come alcuni animali e esseri umani sperimentassero un senso di impotenza appresa di fronte all'impossibilità di cambiare il proprio ambiente.
Questo approccio sosteneva che i sintomi depressivi potessero insorgere a causa della mancanza di rinforzi positivi nell'ambiente e di una percezione di inefficacia personale. Alla fine del XX secolo, il modello cognitivo ha guadagnato terreno, in particolare grazie ai contributi dell'Università della Pennsylvania e di Aaron Beck.
Da questa prospettiva, gli individui affetti da depressione tendono ad avere schemi di pensiero negativi, rimuginamenti costanti e una visione distorta di sé stessi, del mondo e del futuro. Questa base teorica ha dato origine a una delle terapie attualmente più efficaci: la terapia cognitivo-comportamentale (TCC).
Progressi dalla genetica, dalla biologia e dalle teorie sistemiche
A partire dagli anni '90, lo studio della depressione ha incorporato un approccio più biologico e genetico. Oggi sappiamo che esiste una significativa predisposizione ereditaria: i figli di genitori affetti da depressione hanno una maggiore probabilità di sviluppare il disturbo.
A livello neurobiologico, è stato identificato anche il ruolo dei neurotrasmettitori come la serotonina e la dopamina, nonché alterazioni nell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. D'altra parte, si sono consolidate le teorie sistemiche, che collocano la depressione nel contesto familiare e sociale.
Questo approccio sostiene che l'ambiente, le relazioni interpersonali e le dinamiche familiari possono favorire o proteggere dall'insorgenza del disturbo depressivo.
In questo senso, l'ambiente emotivo, la comunicazione in famiglia, il livello di violenza o di sostegno sociale e le condizioni socioeconomiche diventano fattori chiave per la salute mentale dei bambini e degli adolescenti.
Integrazione di modelli per una visione globale
Attualmente, i professionisti della salute mentale riconoscono che nessun modello da solo può spiegare completamente la depressione. Si è avanzato verso un'integrazione teorica, in cui si riconosce che i fattori biologici, psicologici e sociali interagiscono tra loro.
Questa visione biopsicosociale consente di affrontare in modo più realistico e compassionevole la complessità del disturbo depressivo nei bambini e negli adolescenti.
Nella pratica clinica, ciò si traduce in interventi combinati che possono includere la psicoterapia (basata sulle teorie sopra menzionate), l'intervento familiare sistemico e, quando necessario, il trattamento farmacologico. Questa combinazione si adatta alle esigenze individuali del bambino, della sua famiglia e del suo contesto, favorendo un'assistenza integrale ed efficace.
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