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L'impatto sull'infanzia: vittime dirette, non testimoni

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Trascrizione L'impatto sull'infanzia: vittime dirette, non testimoni


Trauma dello sviluppo e alterazioni neurobiologiche

È un errore concettuale grave e obsoleto considerare i bambini che vivono in famiglie violente come semplici "testimoni" o "spettatori" della violenza tra i loro genitori.

Le prove cliniche e forensi confermano che sono vittime dirette di violenza psicologica, emotiva e ambientale, anche se l'aggressore non alza mai le mani su di loro fisicamente.

Vivono in un ambiente di "terrorismo intimo" dove lo sviluppo della loro personalità avviene in un campo minato.

L'esposizione cronica al conflitto altera fisicamente l'architettura cerebrale in fase di sviluppo.

I bambini che vivono in uno stato di allerta costante presentano livelli tossici di cortisolo, che influiscono sullo sviluppo della corteccia prefrontale (responsabile della regolazione emotiva, della pianificazione e dell'apprendimento) e provocano un'ipertrofia dell'amigdala (il centro della paura).

Ciò si traduce in conseguenze cognitive quali difficoltà di concentrazione, problemi di memoria e diagnosi errate di ADHD, quando in realtà si tratta di un sistema nervoso deregolato dalla sopravvivenza.

A livello emotivo, soffrono di "trauma complesso": incapacità di regolare la rabbia, ansia generalizzata e una visione distorta delle relazioni umane, imparando che l'amore e la violenza sono compatibili e che la coercizione è una forma valida di interazione.

Sintomatologia: somatizzazione, regressioni e paura selettiva

Poiché i bambini spesso non hanno il vocabolario o la maturità cognitiva per verbalizzare l'abuso ("mio padre mi maltratta"), il loro linguaggio è il sintomo fisico e comportamentale.

Un indicatore clinico frequente è la somatizzazione: il dolore emotivo non elaborabile si trasforma in dolore fisico reale.

Clamori costanti di mal di stomaco, cefalee senza causa medica, nausea ricorrente o problemi dermatologici sono segnali di allarme che il pediatra o l'insegnante devono indagare.

Dal punto di vista comportamentale, si verificano regressioni a fasi precedenti dello sviluppo, come tornare a fare la pipì a letto (enuresi), parlare come un bambino o succhiarsi il dito, come un tentativo inconscio di tornare a un periodo di sicurezza percepita.

Un segno critico è la "paura selettiva": un bambino che va nel panico, piange in modo incontrollabile o ha rigidità corporea quando deve visitare un genitore specifico o rimanere solo con lui.

In ambito terapeutico, il gioco diventa lo strumento diagnostico per eccellenza: i bambini riproducono nella loro attività ludica la violenza a cui assistono, aggredendo i pupazzi o sessualizzando il gioco in modo inappropriato per la loro età, rivelando


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