Trascrizione Intervento in situazioni di crisi e reti comunitarie
Accompagnare senza giudicare: il ruolo della comunità
La violenza domestica ha smesso di essere una "questione privata" per essere riconosciuta come un problema di salute pubblica e sicurezza dei cittadini.
Ciò implica un cambiamento radicale nel ruolo dell'ambiente sociale: dobbiamo passare dall'essere "testimoni silenziosi" a "spettatori attivi".
L'isolamento è l'arma più potente dell'aggressore; pertanto, rompere tale isolamento da parte della comunità è il primo passo verso la liberazione.
I vicini, gli amici e i colleghi di lavoro hanno la responsabilità etica di intervenire in modo sicuro: non necessariamente affrontando fisicamente l'aggressore, ma interrompendo le situazioni di molestia, offrendo sostegno a una vicina isolata o chiamando la polizia in caso di urla inequivocabili.
Il silenzio dell'ambiente circostante viene interpretato dall'aggressore come complicità e permesso sociale.
Un ambiente che non giudica la vittima per il suo "sopportare", ma condanna il comportamento dell'aggressore, crea uno spazio sicuro per la rivelazione dell'abuso.
La convalida sociale ("vedo quello che ti sta facendo e non va bene") è spesso il primo "specchio della realtà" che permette alla vittima di mettere in discussione la normalità della sua sofferenza e di iniziare a disattivare il lavaggio del cervello del controllo coercitivo.
Lacune istituzionali e lotta contro la rivittimizzazione
Nonostante i progressi legislativi, esistono gravi carenze strutturali che costituiscono una forma di "violenza istituzionale".
Ciò si verifica quando lo Stato, attraverso i suoi operatori (giudici, poliziotti, medici), danneggia la vittima con l'inefficienza, la burocrazia disumanizzante o la mancanza di una prospettiva di genere.
Una lacuna critica è la disconnessione tra i tribunali penali e quelli familiari: mentre un giudice penale emette un ordine di allontanamento per pericolo, un giudice familiare può imporre un regime di visite, concedendo all'aggressore l'accesso diretto alla sua vittima.
La rivittimizzazione secondaria, in cui la donna deve raccontare ripetutamente il suo trauma a diversi funzionari scettici che mettono in discussione la sua versione basandosi su miti ("cosa ha fatto per provocarlo?"), funge da potente deterrente alla denuncia.
Le proposte di miglioramento devono concentrarsi su modelli di "Sportello Unico" o centri integrati, dove in un unico luogo la vittima riceva assistenza legale, psicologica e sociale, evitando il peregrinare da un'istituzione all'altra.
La specializzazione reale e obbligatoria degli operatori è l'unico modo per garantire che la legge scritta si traduca in una
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